Vostro figlio ha bisogno dello psicologo?

Ci sono dei sintomi o segnali che da parte dei genitori non vanno sottovalutati e che rendono necessario un colloquio con lo psicologo. A volte anche la pipì a letto (enuresi notturna), il mal di testa, il mal di pancia, l’onicofagia (mangiarsi le unghie) possono richiedere l’aiuto dello psicologo. Lo psicologo può aiutare a migliorare i rapporti tra i genitori e il figlio e superare le difficoltà.

Riconoscere che il proprio figlio ha un problema non è certamente facile. Ancora meno facile è ammettere che non si è in grado di aiutare i propri figli da soli e quindi accettare di conseguenza che un perfetto estraneo “metta il naso” in faccende private, di famiglia. Ma lo psicologo non è un cacciatore  di colpevoli, ma una persona in grado di poter mettere ordine e dare chiarezza in un momento particolare in cui la famiglia, immersa nel caos, non intravede altre vie d’uscita.

Ma andiamo per gradi. I primi dieci anni di vita dei nostri figli sono spesso segnati da numerose inquietuini e angosce, e non è sempre facile distinguere che cosa è davvero preoccupante e necessita di uno sguardo esperto, da ciò che rientra in una normale fase di sviluppo di un figlio.

Ci sono dei segnali che sicuramente non vanno sottovalutati, dei comportamenti che se notati nei bambini, rendono necessario un consulto psicologico.

Per esempio:

  • Cambiamenti di comportamento: il bambino diventa improvvisamente aggressivo, oppure apatico, taciturno, mostra dei comportamenti compulsivi (lavaggi continui, controlli ripetuti, etc.),  dei tic, ha delle difficoltà relazionali;
  • Difficoltà di apprendimento: il bambino va male a scuola, fa fatica a studiare e/o concentrarsi, la lettura, la scrittura e il calcolo sono lenti e/o scorretti;
  • Deficit di attenzione: il bambino mostra una flessione e apparentemente inspiegabile del rendimento scolastico; le maestre si lamentano che a scuola non sta attento per più di 5 minuti, che disturba;
  • Disturbi d’ansia: angoscia, paure mai avute prima, disturbi del sonno;
  • Disturbi alimentari: anoressia, ripetute crisi di vomito non dovute a patologie;
  • Altri problemi psiosomatici: pipì a letto (enuresi), mal di testa, mal di pancia, onicofagia (mangiarsi le unghie).

Se si notano questi comportamenti per così dire preoccupanti, cosa fare?

Intanto non colpevolizzarsi, ma parlarne prima di tutto con il pediatra o il medico di famiglia, in particolare per i bimbi sotto i 3 anni. Saranno in questi casi sicuramente loro a consigliare, se serve, lo psicologo.

E’ fondamentale che il figlio con una spiegazione adeguata all'età sia messo al corrente dai genitori su quello che sta accadendo, e messo di fronte al suo problema senza allarmismi. E’ utile convincerlo a incontrare il medico specialista, rassicurandolo che aiuta i bambini e ragazzi a superare e risolvere problemi e preoccupazioni, ma aiuta anche i genitori ad aiutare il proprio figlio.

Solitamente un percorso si svolge in questo modo...

In primis si incontrano i genitori per riconoscere i problemi e ricostruire la storia familiare. Ognuno può esprimere il suo punto di vista e già il fatto di parlarne tutti insieme davanti ad una terza persona, permette non solo alla famiglia di ritrovarsi, ma di comprendersi e superare i fraintesi.

In alcuni casi, il fatto di parlare con i genitori è sufficiente. Nelle altre situazioni lo psicologo propone un lavoro da fare solo con il  bambino o ragazzo.

La presenza della madre o del padre durante gli incontri in genere dipende dall’età del bambino/ragazzo, ma anche dai suoi desideri: intorno ai 4 anni anni è più facile che il bambino si esprima avendo la madre accanto; dopo i 7 anni, in genere, è vero il contrario.

Nel caso di colloqui al fine di indagare eventuali difficoltà nell'area cognitiva, comportamentale ed affettiva la valutazione sarà accompagnata da osservazione e somministrazione di test (di intelligenza, cognitivi, proiettivi, di personalità e di autovalutazione).

Per esprimere i loro disagi emotivi, ai piccoli da 3 a 5 anni, solitamente verrà proposto di disegnare. Dai 5 ai 7 anni sono invece utilizzati sia i disegni che i giochi di ruolo. Dopo i 10 anni tornano protagonisti principalmente i disegni e le parole. Può accadere che lo psicologo proponga un contratto al bambino, in modo che quest'ultimo sia motivato durante il percorso e capisca che è un lavoro che si fonda su uno scambio.

Nel sostegno al bambino/ragazzo verrà utilizzato un approccio finalizzato a cercare di modificare pensieri distorti, emozioni disfunzionali e comportamenti disadattivi favorendo la riduzione e l'eventuale eliminazione del sintomo per cercare miglioramenti duraturi nel tempo.

Parallelamente agli incontri con i bambini e ragazzi, lo psicologo può incontrare regolarmente i genitori da soli, o rivedere la famiglia insieme per fare il punto della situazione.

Naturalmente la durata e la tipologia del percorso di sostegno varia a secondo del bambino/ragazzo, delle sue difficoltà e della disponibilità a collaborare di tutta la famiglia.